Storia di superstizioni: venerdì 17

Che si tratti di credenze di natura irrazionale che influiscono il pensiero e la condotta delle persone che la fanno propria, la superstizione  è una delle “malattie” sociali più pericolose che si affacciano prepotenti nei periodi di crisi, una debolezza umana di cui, in ogni epoca hanno approfittato imbonitori e ciarlatani senza scrupoli.
Una data nefasta per gli scaramantici italiani è venerdì 17, ma per quale ragione?
Il 17 in cifre romane si scrive XVII, anagrammato diventa VIXI che in lettere latine significa “vissi”.
La scritta era incisa sulle tombe dei defunti dell’antica Roma, come dire: “ho vissuto e adesso non ci sono più, sono morto”.
Ma a tener viva la credenza c’è anche l’antico Testamento che fissa l’inizio del diluvio universale il 17 febbraio.
Ma perché ad essere impregnato di «negatività» è proprio il venerdì?
La tradizione ha più origini: c’è quella cristiana secondo cui Gesù è morto crocifisso di venerdì e quella musulmana che giudica il giorno infausto perché Adamo ed Eva mangiarono il frutto proibito quel giorno.
La tradizione consiglia di non sposarsi di venerdì.Secondo la Cabala, il venerdì è il giorno in cui vennero creati gli spiriti maligni.
Solo in Norvegia il venerdì è un giorno nel quale vengono celebrati molti matrimoni, giudicato fortunato per via della “protezione” della dea dell’amore e della bellezza Venere.
Per quanto riguarda gli altri giorni della settimana, il lunedì e il mercoledì sono considerati di buon auspicio per la salute e la fortuna, il giovedì recherebbe dispiaceri alla sposa, mentre il sabato, anche se è il giorno più scelto per la cerimonia, sarebbe un giorno negativo.
C’è chi ritiene che l’antipatia per il venerdì sia nata proprio per volere dei primi sacerdoti cristiani che vollero “sconfessare” abitudini e tradizioni pagane.
Il venerdì, infatti, era il giorno della settimana preferito da celti, greci, egizi, slavi e anche romani.
Nel paganesimo il venerdì era considerato “fortunato”, un giorno da onorare, “amico” perché spartiacque tra lavoro e riposo.
Come molti altri miti e leggende, anche questa credenza pare sia nata per contrapposizione al paganesimo: un modo per contestare e rinnegare ciò che veniva prima del Cristianesimo. Non è superfluo ricordare però che il primo a battersi contro credenze popolari e superstizioni fu proprio Gesù Cristo.
In Gran Bretagna e in tutti i paesi anglosassoni invece, il numero “sfortunato” è il 13; questo perché Filippo il Bello re di Francia ordinò di uccidere tutti i Templari, per cancellare il debito dello Stato contratto con l’ordine cavalleresco, nel 1307 di venerdì 13.
Non è un caso che questa data si leghi ai monaci guerrieri che da secoli rappresentano uno dei miti più forti e inossidabili e alimentano teorie di cospirazioni e congiure.
Tuttavia giudizi di “negatività” legati al numero 13 sono numerosi anche in Italia.
Nella cultura popolare è un cattivo augurio soprattutto a tavola: nell’ ”ultima cena” a prendere quel posto fu Giuda.
Nel nostro paese tuttavia si tratta di una scaramanzia diffusa e radicata, ma  comunque considerata un gioco.
A tagliare la testa al toro sul giudizio è la “Bibbia degli scaramantici”, ossia la smorfia napoletana che dà valore positivo al 13, indicandolo come Sant’Antonio (la sua ricorrenza liturgica cade appunto il 13 giugno) e valore negativo al numero 17 che viene tradotto come disgrazia.
Anche i grandi registi non si sono lasciati scappare l’occasione di girare pellicole, specialmente di genere “horror”- che includessero la data nefasta.
I film più celebri sono «Venerdì 17» diretto nel 1956 da Mario Soldati, e “Shriek, hai impegni per venerdì 17?”.
Il titolo originale del film girato da John Blanchard nel 2001 citava “Venerdì 13”, tradotto in Italia con “Venerdì 17”.

Rosalba Bugini