Scivolano i versi nelle pagine, come se ogni parola fosse un’immagine scandita di ritmi e
colori, quelli del continente nero, un continente per troppo tempo fatto muto e lasciato
morire nella propria miseria. Leopold Sédar Senghor, massimo poeta africano fu anche il
fautore e il grande teorico del movimento della Negritudine, creato da tutti coloro che
sentirono il bisogno di affermare ad alta voce la specificità della cultura africana, fatta di
tradizione e slanci alla modernità. Senghor oltre che a grande uomo di cultura fu eletto
primo Presidente della Repubblica del Senegal nel 1960 dopo la fine del feroce
colonialismo francese, in questa carica svolse radicali svolte sociali e politiche, dando al
paese un forte peso nella politica africana ed europea.
In questa raccolta di poesie, l’uomo e il poeta si fondono in un tutt’uno per ricreare uno
sfondo poetico e culturale, in grado di ristabilire il contatto inevitabile fra tradizione orale e
cultura scritta tipica della cultura occidentale. Le immagini che ne derivano sono di un
raffinato poeta che più di qualsiasi altro poeta africano, vuole far conoscere al mondo
intero l’Africa e il suo popolo, ricco di tradizioni, culti e richiami mitologici lontani
dall’immaginario occidentale. Racconta le città colme di persone e di ricordi. Una poetica
conosciuta per chi ama la letteratura africana, ma altrettanto sconosciuta a chi non ne
conosce nemmeno l’esistenza. Essenziali per chi si dichiara umano, perché grazie a
poche righe la consapevolezza entra a far parte della personale quotidianità.
Michela Bambini