
In Italia “è boom di diete senza glutine”, al punto che “un milione di falsi celiaci spende inutilmente 35 milioni di euro all’anno”. La denuncia arriva da Firenze, dal congresso internazionale “Le nuove frontiere della celiachia: un aggiornamento dalla ricerca di base a quella clinica”, organizzato dall’Associazione italiana celiachia (Aic).
A cadere nella rete della falsa celiachia sono sempre più italiani. I sintomi che spingono alla convinzione di essere ipersensibili al glutine sono confusi, ma fastidiosi: dolori o gonfiori addominali, stanchezza, difficoltà di concentrazione, “Si pensa a un’intolleranza alimentare e ci si imbarca in una serie di esami che spesso non hanno validità scientifica,raccontano gli esperti dell’associazione, ciò può persino portare a conseguenze molto serie se non si prendono le necessarie cautele. Come è successo giorni fa alle tre persone coinvolte nel “caso sorbitolo” che è costato la vita a una ventinovenne”.
Sono in tanti a incolpare i cibi per i disturbi avvertiti, secondo le stime dell’Aic sono circa un milione gli italiani che si sono convinti di soffrire di una ipersensibilità al glutine e ogni anno spendono circa 35 milioni di euro in prodotti senza glutine che invece non gli sono necessari. Gli esperti denunciano il business che sfrutta chi si autodiagnostica un’intolleranza, oppure è convinto che questi prodotti siano più sani o siano in grado di curare i sintomi della sensibilità al glutine. “Tuttora non esistono dati scientifici certi su questa sindrome e sottoporsi a una dieta fai-da-te di esclusione può essere pericoloso, spiega l’Aic, perché può impedire di riconoscere eventuali casi di vera celiachia”.
Inoltre secondo la presidente dell’Aic, Elisabetta Tosi, il beneficio di questi alimenti rispetto ai sintomi o alla cosiddetta falsa celiachia, spesso autodiagnosticata, è discutibile,“È una moda del momento e può diventare causa di mancate diagnosi”. Fra gli affezionati dei prodotti senza glutine “c’è anche una fetta di popolazione che gli acquista a un prezzo molto più caro di quello normale, perché li ritiene erroneamente più sani o dimagranti”.
Il presidente della fondazione Celiachia, Adriano Pucci, sostiene che “il business della falsa celiachia ha iniziato a diffondersi quando, circa un anno fa, uno studio italo-americano ha segnalato l’esistenza di una forma di sensibilità al glutine diversa dalla celiachia, che è però ancora tutta da studiare e verificare. Si tratta di una sindrome che provoca sintomi simili a quelli della celiachia, come dolori o gonfiori addominali, ma senza che siano presenti segni oggettivi di malattia. È opportuno, dunque, che non si instauri una moda e si stia alla larga dal sensazionalismo”.
“L’errata convinzione che la dieta senza glutine sia benefica per tutti, avverte Elisabetta Tosi, porta all’idea che la celiachia sia una condizione alimentare scelta dal consumatore. Anche l’Europa sta mettendo in dubbio che la celiachia meriti una regolamentazione specifica, tentando di smantellare la normativa che tutela la sicurezza dei prodotti senza glutine dalla fine degli anni ’70”.
In Italia la dieta senza glutine dei celiaci è sostenuta dal sistema sanitario nazionale perché la celiachia è una vera malattia che può avere serie conseguenze sulla salute, dal malassorbimento di nutrienti essenziali all’infertilità, dalle malattie autoimmuni all’osteoporosi. Dunque i sintomi avvertiti dai soggetti non bastano a prendere la decisione di consumare prodotti per celiaci, è necessario che ad occuparsene siano gli specialisti e non i pazienti stessi.
Chiara Piselli