La conoscenza non è un crimine: a 10 anni dalla morte di Aaron Swartz

Aveva 26 anni Aaron Swartz e folti capelli neri a nascondere una mente più che brillante. Non era un hacker, era un ragazzo con un profondo amore per il sapere. Attivista per la conoscenza, invece si. Programmatore da oltre 10 anni, da quando aveva collaborato a Infogami, software di gestione per wiki, e a Reddit, il social network utilizzato da Obama in campagna elettorale e di cui è stato co-fondatore, salvo poi essere stato buttato fuori dal suo stesso progetto dopo l’acquisizione di Condé Nast. Aaron è morto suicida a 26 anni, trovato nel suo appartamento di Brooklyn la mattina del 11 gennaio 2013. Con un nodo che aveva cominciato a stringersi intorno al suo collo già nel 2011. Un 24enne Swartz accede nell’autunno del 2010 a JStor, archivio di pubblicazioni scientifiche a pagamento, e trova una porta aperta alla rete del MIT (Massachussets Institute of Technology).

Accesso aperto, peraltro, come da accordi, per lo scarico dei dati. Nessun database è stato violato, nessun sistema hackerato. La rete del Mit è aperta di default e i file erano disponibili. L’unico reato imputabile, in fondo, poteva essere solo una violazione del copyright. Lo sapeva bene lui, che già due anni prima aveva liberato circa venti milioni di documenti pubblici, visibili solo mediante il sistema a pagamento PACER. All’epoca l’FBI si interessò del caso ma nessuna azione legale venne portata avanti perché, come in questo caso, nessun reato era stato commesso. E invece, dopo la vicenda JStor, il giovane programmatore si ritrova al centro di una storia grottesca con una pioggia di capi d’accusa, 13 per l’esattezza,  una potenziale condanna a 35 anni di carcere e una multa da un milione di dollari. Storia grotesca e persecutoria, storia che Aaron inizia a portare avanti da solo, a un certo punto, quando l’amico di sempre e suo avvocato Lawrence Lessig decide di abbandonare la sua difesa per incompatibilità professionali derivanti da un suo contratto con Harvard. Dopo il suicidio di Swartz dal mondo informatico si erano sollevati cori di protesta e impeti di ribellione che erano approdati anche sul web che è un po’ arrabbiato, un po’ deluso e in fondo anche un po’ orfano. Su Twitter moltissimi ricercatori avevano pubblicato gratuitamente i documenti relativi ai loro studi, con l’hashtag #pdftribute, mentre il gruppo di attivisti Anonymous aveva defacciato i siti del Mit dove per diverse ore prima del ripristino si poteva leggere “Questa tragedia deve diventare la base per una riforma della legislazione sui crimini informatici, e su come viene applicata da procuratori troppo zelanti. Può rappresentare un’occasione per rivedere le leggi sul copyright, che proteggono i guadagni di pochi a sfavore del beneficio di molti. Ancora, la tragedia di Aaron può essere la base per un rinnovato impegno per garantire a tutti una Rete libera da censura, e accessibile da chiunque”. I “procuratori troppo zelanti”, in questo caso hanno nome e cognome: Carmen Ortiz, già al centro di controverse vicende  come quella di Tarek Mehanna, farmacista di Boston condannato a 17 anni per il materiale tradotto e i testi propagandistici messi in rete per Al-Qaeda.

L’operato dello stato nella persona del procuratore Ortiz anche allora si era basato su procedimenti violanti il Primo Emendamento e lesivi della libertà di culto e di stampa, brutale, discutibile e violenta in quelle circostanze ma per cui comunque esiste una norma costituzionale inviolabile. O, almeno, presunta tale. La rete tutta si strinse intorno alla famiglia di un giovane morto in nome della conoscenza perché, da qualsiasi parte si guardi questa triste vicenda, l’unica certezza è che abbiamo perso una mente brillante. Il suo testamento era in rete già da 20 anni, lo aveva redatto quasi per scherzo Aaron. “Se finisco sotto a un camion, se mi dovesse capitare qualcosa, vi prego di aggiornare la pagina con un link e predisponete un messaggio di risposta automatica per le mail che dovessero mai arrivare…Oh! mi mancherete tanto”  diceva. Una specie di usanza tra programmatori, quella di designare un erede, un testamentario virtuale, e poi la chiosa, “non preoccupatevi, sono ancora vivo”.

20 anni dopo, Aaron non è più vivo. Nessuno aggiorna la sua pagina aaronsw.com. Nessuno poi, risponde alle mail.

Eleonora Cianfrini