In altre parole, il premio Pulitzer Jhumpa Lahiri racconta l’amore caparbio per una lingua straniera

In altre parole è un libro autobiografico della scrittrice Jhumpa Lahiri pubblicato da Guanda e maturato grazie a una proficua collaborazione con il settimanale «Internazionale». Quasi tutti i capitoli, infatti, sono singoli racconti che hanno trovato regolarmente spazio nella rivista e il cui esito è sorprendente se si pensa che l’autrice, nata a Londra da genitori bengalesi e residente negli Stati Uniti, ha scelto di concepire l’intero progetto in italiano.  

L’opera mette nero su bianco le fasi che hanno accompagnato un percorso ad ostacoli, fatto di sacrifici e ripetuti tentativi, di studio intenso, motivato, tenace e costante, durante il quale non sono mancati momenti di riflessione e sconforto. Allo stesso tempo, il testo restituisce l’immagine di una donna che ha ascoltato il suo istinto e rinnovato forza e propositi proprio da questa stessa strenua fermezza capace di farle sfidare e vincere incertezze, perplessità e pregiudizi.

Jhumpa Lahiri, che nel 2000 vince il premio Pulitzer per la narrativa con la raccolta L’interprete dei malanni, si trasferisce ancora bambina con la famiglia in America. Questa che potrebbe sembrare una bella avventura, addirittura un sogno, accentua nel tempo la percezione di una distanza, mai davvero colmata, tra le origini (a cui è legata da affetto ancestrale) e il luogo di adozione. In questa già scissa realtà si pone un terzo elemento, l’amore improvviso e totale per una lingua diversa,  parlata in un altrove geografico, che mette tutto nuovamente in discussione, ridefinisce confini e priorità e comporta un immenso coraggio per essere assecondato.  

A determinare il successo nell’avventura intrapresa sono anche l’umiltà con cui la scrittrice affronta il processo di apprendimento e il profondo rispetto per una professione verso la quale si pone con curiosità ed encomiabile desiderio di scoperta e perfezionamento. In America ha raggiunto il successo, ma è dall’Italia e dalla lingua del posto che vuole ripartire, accettando di iniziare daccapo e intraprendendo un cammino impervio, paradossalmente ancora più complicato da percorrere per chi lavora con le parole e possiede dimestichezza, padronanza e creatività tali da servirsene senza riserve ma poi, davanti a suoni, regole e vocaboli nuovi, si riscopre bambino, a lungo incapace di autonomia. L’aspirazione ad appropriarsi di una lingua straniera comporta un rischio enorme, specialmente da adulti, perché la possibilità di fallire è ricorrente e occorre provare ancora, con più convinzione, e anche se si ha la fortuna di vivere in un contesto naturale dove lo studio è seguito e supportato dall’uso concreto, l’apprendistato è comunque impegnativo e mai definitivo.

Le complicazioni, però, proprio come ciò che sorprende perché inatteso, possono costituire una riserva e non per forza un deterrente. Spesso, infatti, i nuovi traguardi, più lontani e bramati, obbligano a reinventarsi, stuzzicano l’ingegno, guidano su strade alternative e fanno appello a fantasia e sincerità per raccontare altre belle storie di speranza e appagamento, come quella di cui dà brillante testimonianza Jhumpa Lahiri.

Micaela De Filippo