Il corsetto, croce e delizia di una seduzione senza tempo

Da sempre simbolo di sensualità e di eleganza femminile, il corsetto è stato spesso protagonista delle sfilate di moda, rivalutato o accantonato a seconda dello spirito dello tempo.

Il corsetto, meglio conosciuto come bustino o bustier, ha una lunghissima storia, che gli è valsa l’appellativo di “gabbia di Venere” per la sua proverbiale poca comodità.

Tuttavia, ciò che le donne odierne devono fare per avere il cosiddetto “nidino di vespa” è ben lungi da quello che le povere dame del XVI secolo erano costrette a sopportare per seguire lo stile del tempo: i primi bustini, infatti, erano realizzati interamente in metallo, con una chiusura a chiave sulla schiena.

Questo aggeggio infernale era diventato un must obbligatorio per dimostrare la propria eleganza e la propria signorilità, tanto che lo ritroviamo anche oggi in molti film d’epoca o in costume, come “La maledizione della prima luna” , dove una giovane e bellissima Keira Knightley sviene, cadendo in mare, a causa di un bustier talmente stretto da toglierle il fiato.

In Italia, il corsetto arriva dalla Spagna in seguito alle conquiste di Carlo V, cambiando il costume rinascimentale ed originando una figura femminile rigida e impostata. Il bustier era solitamente associato ad una sottogonna chiamata “verdugale”, capace di conferire alla sottana la tipica forma conica. Tuttavia, per la gioia di donne e ragazze, i bustini in ferro ebbero vita breve e furono presto sostituiti dal tessuto irrobustito con stecche di balena o di vimini, decisamente più comodi della molesta “armatura di ferro”.

Fu solo con l’Illuminismo e con la sua idea di libertà che il bustino iniziò il suo declino, sostituito dalla concezione di un corpo più dinamico e privo di vincoli legati alla rigidezza delle classe sociali.

Nonostante ciò, la rinuncia al corsetto ebbe vita breve ed il suo ritorno fu addirittura favorito dal parere dei medici, fautori del busto come elemento di sostegno della colonna vertebrale del gentil sesso, più debole e fragile per natura rispetto all’uomo.

Da lì in poi l’ascesa del bustino non si è più arrestata, anzi, ha subito una continua evoluzione fino ad arrivare a stringere i fianchi e a spingere il seno in alto, dando alla figura femminile, vista di profilo, la tipica linea ad “S”.

Una storia lunga e travagliata per un capo che non passa mai di moda e che, nel corso degli anni, è stato promosso da articolo di lingerie a vero e proprio indumento, spesso adibito a forma d’arte, tanto che è stato protagonista di alcune mostre a Londra e a Parigi, ma non solo: esso è sinonimo di fascino anche nella letteratura, nel cinema (come dimenticare il sex appeal di Rossella O’Hara in “Via col Vento”) e nel teatro.

La moda, d’altronde, come l’arte, possono fare a meno di tutto, tranne che della creatività e della stravaganza ed il fastidioso marchingegno per molte delle nostre antenate è diventato oggetto di estrema seduzione ai giorni nostri: che sia di pizzo, di raso, di seta o, per le più audaci, di pelle o ecopelle, il bustino non può mancare nell’armadio di una fashion victim.

Cavallo di battaglia e di riconoscimento per stilisti come Christian Dior, Jean Paul Gaultier e Dolce e Gabbana, la gabbia di Venere  è stata interpretata e reinterpretata più volte ed indossata in giro per il mondo da artisti del calibro di Madonna, Kylie Minogue e Lady Gaga, icone sexy  disposte a lasciarsi fasciare in quella stoffa rigida e stretta che esalta i loro corpi statuari e ne valorizza le splendide forme.

Che sia uno strumento di fascino o di tortura, pare che l’amato/odiato bustino non abbia nessuna voglia di andare in pensione …e a giudicare dai risultati del suo successo, sembra che avrà ancora molte, molte storie da raccontare.

Lunga vita, dunque, al corsetto…pur rimpiangendo quella morbidissima e comodissima tuta la ginnastica!

Serena Brini