Edoardo Agnelli, un mistero ancora irrisolto

Avrebbe da poco compiuto 70 anni Edoardo Agnelli, primogenito dell’Avvocato e di Marella Caracciolo nonchè potenziale erede della Fiat negli anni 90.

Purtroppo come tutti sappiamo il 15 novembre del 2000 il suo corpo senza vita fu ritrovato sul fondo di un viadotto autostradale della Torino-Savona.

Quello che però molti non sanno è che un apparente suicidio, per volere dei magistrati, non ha avuto bisogno di un minimo di indagine nè di autopsia: per l’unica volta nella storia un suicida la mattina veniva già tumulato la sera. Come a voler evitare che emergessero altri particolari che forse qualcuno non voleva si sapessero. Solo nel 2010 poi il magistrato Bausone ammetterà che l’autopsia non fu fatta anche se fu detto il contrario.

Come mai non c’era – come accadeva abitualmente – né autista né scorta? Perché alcuni testimoni parlarono di un corpo “quasi intatto”? Perché, sotto i vestiti, aveva la giacca del pigiama? Come faceva, dopo un volo di 80 metri – e quindi dopo un impatto calcolato sui 150 km orari – ad avere ancora le scarpe ai piedi, le bretelle allacciate e al collo una collana di palline di legno intatta? Come mai aveva del terriccio nelle mani, mentre il greto su cui era stato trovato il cadavere era una pietraia? Che logica può avere il fatto che, prima di morire, Edoardo avesse telefonato al dentista per spostare l’appuntamento? Come mai un pastore di mucche, tal Luigi Asteggiano, ha testimoniato di aver visto il cadavere sotto il cavalcavia già alle ore otto, mentre il Telepass della Croma di Edoardo ha registrato il passaggio al casello autostradale alle 8.59?Inoltre, lo psicologo-amico Alberto Pini, che lo seguiva da undici anni, dichiarò che mai aveva avuto l’impressione che in lui potessero prender corpo intenti suicidi. Il suo amico e consulente finanziario Marco Bava affermò: “La storia di Caino ed Abele si ripete… Edoardo è morto perché era contro i giochi di potere che prima ti blandiscono, poi ti escludono, infine ti eliminano!”. E ancora: “Non mi pare credibile il suicidio. Negli ultimi giorni della sua vita Edoardo stava occupandosi di tante cose, studiava, era pieno di attività. Fra l’altro si riproponeva di ristrutturare casa sua, avrebbe voluto iniziare subito i lavori e aveva fissato per questo un appuntamento preciso col sindaco di Torino. Strano, no? Volersi suicidare e al tempo stesso voler chiedere di sveltire una pratica burocratica per ristrutturare quanto prima la propria casa…”.Il giornalista Giuseppe Puppo, nel febbraio 2009, ha pubblicato un libro, Ottanta metri di mistero, dove sviluppa meticolosamente i molti aspetti inquietanti della morte di Edoardo Agnelli; ad oggi nessuna risposta è giunta ai quesiti formulati da Puppo.

Ma facendo un passo indietro è opportuno ricordare come dopo la morte del cugino Giovannino, precedentemente designato come nuovo leader della Fiat e scomparso nel 1997, Edoardo che a lui era molto legato maturò la consapevolezza di assumersi le proprie responsabilità alla guida del gruppo torinese, non considerando idonea la scelta di John Elkann (e la storia gli ha dato ragione in modo inequivocabile).

“Se il potere della nostra famiglia cadesse nelle mani sbagliate – affermò Edoardo – sarebbe una cosa estremamente pericolosa per questa nazione”; si dichiarò quindi disponibile, alla morte del padre, a prendere le redini dell’impero di famiglia, cominciando a delineare scelte strategiche ed economiche nuove. Edoardo crede nelle energie alternative e ritiene maturi i tempi perché un’azienda come la Fiat si dedichi a immettere nel mercato autovetture non inquinanti e a bassi consumi. I rapporti col padre cominciano a guastarsi; si parla di discussioni e di malumori. Della ventilata successione al giovane John, Edoardo non vuole nemmeno parlare. Gli vengono presentati dei documenti che prevedono la rinuncia, sua e della sorella Margherita, a posti di comando all’interno delle aziende di famiglia in cambio di un’adeguata liquidazione in denaro e beni immobili. Edoardo si rifiuta di firmare e denuncia pubblicamente il “tentativo di estromissione radicale dalla Fiat”. Una denuncia che forse gli è costata la vita.

Non spetta a noi individuare eventuali mandanti ed esecutori di quello che si prospetta sempre di più come un omicidio ma il lettore potrà farsi un’idea di chi poteva avere interesse a ciò.

Infine non dimentichiamo che Edoardo aveva (con ogni diritto) deciso negli anni 70 di convertirsi alla religione islamica: a qualcuno poteva non far piacere (per usare un eufemismo) che la Fiat fosse guidata da chi non aveva fatto mistero delle proprie simpatie verso l’Iran e che sicuramente avrebbe gestito l’azienda di famiglia con idee nuove ed interessanti.

Proprio in Iran un paio di anni fa è stato rappresentato uno spettacolo teatrale sulla sua vita, dal titolo “Edoardo” scritta da Rahil Sarhangi si è tenuta martedì al Teatro Mehr dell’Ufficio artistico dell’Organizzazione per la diffusione dell’ideologia islamica. “Nessuno di noi, nemmeno i membri del cast, conosceva Edoardo Agnelli. Attraverso la ricerca, abbiamo accresciuto la nostra conoscenza del personaggio di Agnelli e lui ha attirato la nostra attenzione”, ha dichiarato il regista Abolfazl Eshrab.

Noi non dimentichiamo Edoardo e siamo vicini alla battaglia della sorella Margherita per una equa divisione dell’eredità dell’Avvocato Gianni Agnelli e di Marella Caracciolo.

Claudio Marini