Donne fra mito e realtà: Penelope

Avevamo lasciato Ulisse a Ogigia fra le braccia di Calipso, perché andando
contro il proprio destino, decise di rimanere lì. A mio avviso Penelope se l’
avesse saputo, non ne sarebbe stata contenta. Ho anche ipotizzato che
dopo vent’anni non si sarebbe più di tanto scomposta per andarlo a cercare;
dopo tutto non credo che si trovasse tanto male a filare tutto il giorno e a
respingere i corteggiamenti di aitanti uomini in gonnella.
Ma non fu così. la nostra cara Penelope, in sella a delle anatre, attraversò
il mare in tempesta, e approdò nell’isola della sua rivale in amore. Li
sorprese i due neo piccioncini impegnati in lunghi bagni nelle acque
cristalline mentre giocavano con la spuma del mare. Adirata Penelope depose le
sue vesti più gentili e si trasformò in una furia scatenata. Di corsa si
diresse verso i due, e con un abile mossa di karate, neanche fosse Jackie Chan,
colpì la povera Calipso. Ulisse incredulo, esordì con la famosa frase, ” Cara
ti posso spiegare tutto, non è come pensi” e la bella regina di Itaca si
imbestialì, rinunciando a parlare voltò le spalle all’incredulo eroe, e se ne andò com’era venuta.
Nel frattempo Calipso che nulla sapeva della storia, come se non bastasse,
tirò un ceffone a Odisseo e lo lasciò lì come un povero fesso, rinchiudendosi
nella propria grotta.
Ulisse non potendo fare più nulla, costruì una zattera e si diresse nella
terra dei Feaci, la Scheria, sulla costa meridionale della Norvegia, dove trovò
consolazione in una bella norvegese.
Nel frattempo la cara Penelope, che ancora non credeva a quello che aveva
visto, iniziò a maledire ogni avance respinta e, giunta a Itaca, radunò la
schiera dei suoi corteggiatori e organizzò una gara d’arco. Chi avesse vinto,
avrebbe ottenuto anche la sua mano e il suo regno.
Tutto procedeva per il meglio, quando ad un tratto, si aprì la porta della
sala e chi comparve? Non è difficile capirlo, sì, proprio lui. Ulisse
senza pudore era tornato ad Itaca per riconquistare la sua donna (non disse mai
che la norvegese non era stata alle sue regole, sapete, queste donne del nord
sono molto intraprendenti) e con una posa tragi-comica estrasse l’arco e le
frecce, ma proprio mentre stava per scagliare il suo colpo, una freccia gli si
conficcò proprio in mezzo al cuore. Perì a terra.
Penelope non mosse un ciglio, e con grande cinismo, proprio delle donne
ferite, ordinò di portare via il corpo senza vita del marito. Come biasimarla.
Fece continuare il gioco e alla fine si arrivò a un vincitore, bello era bello,
i muscoli tutti al proprio posto, ma purtroppo aveva qualcosa che non andava,
Penelope lo scrutò bene, e notò che le sue gambe erano totalmente depilate.
“Come posso io, condividere letto e regno con un mezzo uomo?” esordì. Alla
vista di tale orrore, scappò in lacrime e si diresse verso il tempio di Eleo,
dea della Pietà e della Misericordia. Pregò la dea affinché risuscitasse il
marito e lo restituisse. Avrebbe fatto di tutto solo per riaverlo fra le
sue braccia. Una delle sue lacrime cadde sulla statua della dea, che in
una nuvola rosa, fece ricomparire Ulisse, vivo e vegeto. Penelope lo abbracciò.
Era incredula. Lui più di lei. Rimasero immobili. Parlarono a lungo e alla fine
la regina lo perdonò, ma a una condizione: lui non se ne sarebbe più andato a
fare lo spavaldo in giro per il mondo, e al suo posto doveva finire quella tela
che per vent’anni lei dovette fare e disfare.
Finalmente avrebbe avuto il suo bell’arazzo appeso in salotto.
Alla fine si venne a sapere che: “Berta filava e filava la lana, la lana e
l’amianto. E Berta filava e filava con Mario filava con Gino e nasceva il
bambino che non era di Mario che non era di Gino”.
Forse Rino Gaetano pensò a questo finale per il mito di Ulisse e Penelope. O
forse no.

Michela Bambini