Donne fra mito e realtà: Calipso

“La figura femminile che vide a pochi passi da lui gli donò d’improvviso le
forze e le voglie amorose che da tempo si erano spente.
Mossero un passo l’uno verso l’altra e poi ancora finche non furono
vicinissimi.
Lei aveva il corpo nudo e flessuoso avvolto nel manto dei suoi capelli.
Lui districò quel corpo, lo percosse tutto con mano leggera e poi lo strinse
quasi volesse spezzarlo e farlo penetrare in lui, mentre era lui che la
penetrava.
Lei gli cercò la bocca, l’ammorbidì con la sua saliva, l’assaporò fino in
fondo con la lingua tiepida.
Rimasero così a lungo, in piedi, avvinti, con piccoli movimenti a ritmo
scandito della passione finche lei lanciò un grido altissimo che risuonò nel
cielo mentre lui le poggiò il viso nell’incavo del collo ansimando e mugolando
come se soffrisse a staccarsi dolcemente dal suo sesso.
Infine giacquero sulla rena.”
Così racconta Eugenio Scalfari in “Per l’alto mare aperto”, Einaudi 2010.
Lei è Calipso, la ninfa mitologica che per sette anni costrinse con affabili
moine l’eroe omerico Odisseo, a rimanere con lei nell’isola di Ogigia.
Era una creatura bellissima, che passava le sue giornate a filare e cantare,
finche un giorno arrivò lui, l’aitante Ulisse, figlio dei mari, eroe senza
tempo, sopravvissuto a mille disastri e a tanti dolori, dovuti alla perdita di
molti uomini della sua flotta e alla lontananza dalla sua amata Itaca e dalla
moglie Penelope e il figlioletto Telemaco.
Se ne innamorò perdutamente, lo tenne stretto a lei, come si fa con un
cucciolo da proteggere, lui che aveva resistito a tutto, aveva combattuto solo
con la propria intelligenza, non poté resistere a tale bellezza, e rimase lì
con lei, non si accorse mai di quanto tempo passarono insieme, perché a Ogigia
il tempo sembra non passare, ma passarono gli anni, finché un giorno Atena
decise di aiutarlo e costrinse Calipso a lasciarlo andare, leggenda vuole che
lei non lo trattenne, ma lo lascio andare via come era venuto, a differenza di
Didone che pregò il suo amato Enea di rimanere. La bella dea della grotta
tenne il comando delle proprie passioni e accettò quello che il fato voleva per
lui.
Ma se invece, Omero ci perdoni, noi cambiassimo le carte in gioco e decidemmo
di far rimanere Ulisse con l’amata?
Sicuramente Penelope non sarebbe felice di tale scelta, ma lei ormai era
rassegnata anche se fedele, e invece così facendo spogliammo Ulisse dai panni
eroici e lo lasciamo in preda alla passioni e all’amore, non curandosi del
proprio destino, ne della sua patria, ma preoccuparsi solo di quello che in
quel momento avrebbe voluto avere?
.Sarà che mentre scrivo sto ascoltando una bellissima canzone d’amore, Vorrei
di Francesco Guccini, sarà che con i miei vent’anni sono ancora un inguaribile
romantica, sarà che mi piace pensare che grandi uomini, ogni tanto lascino da
parte la loro maschera da duri, e grandi progetti per cadere in preda di grandi
passioni, sarà che sogno quell’amore così forte che ti fa dimenticare di tutto
anche di una grande fine progettata da tempo.
Ma mi piace pensare a Calipso e a Ulisse che possono godersi il loro amore
nonostante l’ostilità degli dei, che cos’è se non un grande impegno?
Sembra che non ci sia mai tempo, ne speranza per i grandi amori, per sognare.
Sarà che quando vedo una vecchia coppia che in una strada alberata camminano
mano nella mano, mi emoziono come una bambina, ma cosa c’è di più bello di un
amore?
La gloria?, il potere? La fama?, lasciamo questi effimeri possedimenti a chi
non ha altro da fare, e teniamoci stretti i sentimenti, che siano per un uomo,
per un’amica, un animale o un genitore, ma cosa c’è di tanto più magnifico?
Sicuramente in tenera età ( non che oggi io sia più grande) ho letto troppe
favole con il solito finale e vissero felici e contenti, ma i dolori e i
fallimenti lasciamoli alla vita vera, che avvolte è davvero troppo dura, e
chiudiamoci quando è sera nella favole, per sognare e sperare ancora in qualche
cosa.
Perché nonostante tutto, “io sono fiera del mio sognare di questo eterno mio
incespicare, rido in faccia a quel che cerchi e che mai avrai, perché ci vuole
scienza, ci vuol costanza a invecchiare senza maturità”. La storia ci insegna
che la fine da me sperata non si realizzi, ma spero e auguro che da qualche
parte nel mondo ci sia qualche Ulisse e qualche Calipso, che incuranti di
tutto, si lasciano tutto alle spalle e si vivano beati il loro amore, perché
oggi più che mai abbiamo bisogno di questo, abbiamo bisogno di credere che ci
sia speranza per chi non ne ha, e che ogni tanto fra un disastro e un
fallimento, sia l’amore a trionfare.
Consiglio vivamente ai scettici e musoni di non leggere queste parole, ma ahimè
le ho scritte alla fine.


Michela Bambini