‘Come donna innamorata’, un viaggio di scoperta nell’universo quotidiano e artistico di Dante Alighieri

Come donna innamorata è un romanzo di Marco Santagata edito da Guanda e tra i finalisti del Premio Strega 2015. Il testo, coinvolgente e celebrativo, si caratterizza per l’ampia documentazione confluita nella bellezza letteraria che accomuna storia e mito. La ricostruzione degli eventi è ricca di particolari riguardanti la vita e la carriera di Dante Alighieri e uno dei meriti del libro è l’introduzione al sommo poeta da una prospettiva che fa dell’approccio biografico una chiave di lettura degli eventi oggettiva, ma anche sorprendente, sfaccettata, minuziosa e convincente. La figura dello scrittore è resa cioè in maniera verosimile proprio perché calata in una quotidianità tanto normale quanto contraddittoria, problematica e alle prese con questioni, decisioni e difficoltà consuete all’epoca. Ci si scopre quindi ancora più ammaliati davanti alle sue opere maturate in contesti e condizioni non sempre favorevoli.

La narrazione è scorrevole, decisamente interessante, sobria e disposta lungo un asse temporale che incastra in un ordinato andirivieni cronologico avvenimenti tra loro distanti, legati però da un flusso descrittivo di notevole organizzazione che tesse la trama di episodi molto significativi per l’attività creativa di Dante. L’evento che rappresenta uno shock, inatteso e doloroso, è la morte di Beatrice Portinari, l’amata e compianta musa, eterea ma prima di ogni altra cosa reale, tangibile e ammirevole nella sua maestà come nella pazienza, delicata, riservata e al tempo stesso incantevole e virtuosa. Tutte queste doti, che sembrano appartenere più a una creatura celeste che a un essere umano, sono riconducibili proprio a Bice (nome con cui è comunemente conosciuta), la stessa donna che ispira il poeta e lo accompagna nella tappa più elevata, dopo l’Inferno e il Purgatorio, dell’itinerario ultraterreno in cui si articola la Divina Commedia.

L’esposizione, in cui non mancano cambi di scenari, ambientazioni eterogenee e protagonisti con determinati trascorsi alle spalle ed obiettivi raggiunti o da conquistare, è divisa in due macrosequenze che ruotano intorno a date-simbolo testimoni di eventi cruciali da cui scaturisce una serie di riflessioni del poeta, che si scopre a tratti fragile ed esposto all’interpretazione di segni ricorrenti e al giudizio inesorabile della gente.

La prima parte è relativa a due giornate memorabili, e cioè l’8 giugno 1290 (quando Beatrice viene a mancare) e l’8 giugno 1294 (che corrisponde alla conclusione della Vita Nova). Gli anni passano e ci si ritrova direttamente al 1314, con Dante esiliato in Lunigiana ed ospite dei Malaspina. Un prima e un dopo, dunque, in cui c’è spazio per sentimenti e convincimenti alterni. Alla gioia, accompagnata da repentine illuminazioni, fanno infatti eco dubbi esistenziali, ripensamenti, insicurezze, ambizioni, responsabilità e scelte che sfociano in conseguenze, forse prevedibili nelle loro graduali evoluzioni, ma pur sempre dolorose e talvolta deludenti. Con continui rimandi ad un passato che influisce pesantemente sul presente, l’autore inserisce parentesi di vita del poeta, non tralasciando la lunga, e però irrimediabilmente compromessa amicizia con Guido Cavalcanti, al quale è intitolata la seconda parte del racconto. Il ritratto d’insieme mette in evidenza i ricordi spensierati dell’infanzia, i compromessi dell’età adulta, il sogno di un riscatto artistico e politico e le aspettative frustrate da una realtà fatta anche di inganni, falsità e tornaconti personali. Il titolo del libro è tratto da un verso del Purgatorio (XXIX canto) e si riferisce a Matelda “colei che conduce alla beata. Beatrice avrebbe avuto una ancella” e Dante una guida per ricongiungersi alla sua musa.

Micaela De Filippo