Cinepanettone: si o no?

Il genere dei cinepanettoni, in Italia, non ha mai goduto di una buona reputazione nel panorama artistico-culturale, eppure è proprio questo genere cinematografico che consente al business italiano legato a questo mondo di tirare avanti ed incassare cifre record come regolarmente accade in America. Se parliamo di cinepanettoni, risulta quasi scontato porre l’attenzione sulla scarsità di contenuti, lontana da
esigenze artistiche o ispirazione genuina, quasi come se fosse il surrogato su pellicola dei dolci preconfezionati, nati per esigenze di palati frettolosi e poco esigenti. Nonostante i lati negativi espressi dalla critica, questo tipo di prodotto cinematografico può essere considerato positivamente poiché  capace di radunare ingenti quantità di pubblico, rimettere in circolo il mercato, creando una formula replicabile all’infinito, e, in definitiva, di creare lavoro e occasioni di aggregazione.
Questa capacità, in una semplice parola, per quanto composta, di poter scindere il proprio significato, diventando buona o cattiva a seconda del referente colloquiale. Questo è soltanto uno dei tanti esempi delle profonde fratture nell’etica e nella cultura del nostro paese. Ci si chiude in caste, ognuna convinta di possedere il Verbo, e quel che è peggio convinta di dover esercitare poteri forti per imporre agli altri il proprio gusto.

Il Cinepanettone è espressione stessa del mercato e della domanda che lo crea. Indirizzare le proprie critiche al mero prodotto non aiuterà certo a incrementare la consapevolezza delle scelte degli spettatori, così come esaltarlo, elevarlo a simbolo di un’ Italia più schietta è sincera, è altrettanto fuorviante.
Colui che si definisce o viene definito artista o intrattenitore in Italia, sembra sempre agire cercando prima di tutto la propria posizione nel mercato, invece di capirlo, e sintonizzarsi con i propri ascoltatori.
Prima ancora di esercitare una funzione critica, o di pensare a ciò che si vuole raccontare, si cerca il pulpito corrispondente ai propri colori di riferimento.

La cosa che preoccupa nel mercato cinematografico italiano non è certo la presenza di film per famiglie, rispetto ad altri più impegnati, ma il fatto che si possa andare a vedere un film senza riflettere su ciò che il film stesso possa trattare, o essendo magari convinti di aver visto qualcosa di degno soltanto perché prodotto dal proprio regista di riferimento.
Il successo dei cinepanettoni italiani e dei vari “marchi” riprodotti in serie, come i vari “Natale a…”, è dimostrazione esattamente di questa tendenza culturale ed è testimoniato dal fatto che durante le feste a tutti capita di andarli a guardare. In questo non c’è nulla di male, d’inverno sono davvero poche le occasioni per stare tutti insieme, o per scovare spettacoli pensati per radunare e divertire gran parte della famiglia.
Il problema è che se si guarda altri esempi di intrattenimento “per tutti”, come una trasmissione, o una partita, il giorno dopo, senza fare chissà quali considerazioni da critico d’arte, può capitare di parlarne. Possiamo ad esempio parlare di un reality, commentare una partita, o rievocare le scene del film.
In ogni caso, la cosa che abbiamo visto ci ha lasciato determinate osservazioni, nonché la voglia di condividerle. Possono essere superficiali, perfino pilotate (un po’ come il reality che vive stuzzicando le manie di pettegolezzo degli italiani), ma quel che importa è che comunque un minimo di funzione critica c’è.

Il Cinepanettone si va a vedere essenzialmente perché a Natale odiamo essere soli. Abbiamo bisogno di riunirci con amici o grosse comitive in cui più siamo, meglio è. Il cinema in questi casi è semplicemente un luogo caldo nel quale ammucchiarsi durante le fredde serate,
una sorta di rituale collettivo per non rimanere soli. Quello che gli italiani cercano nelle sale cinematografiche e di conseguenza nelle pellicole denominate cinepanettoni, non sono le risate, bensì la rassicurazione: ciò che fa ridere lo spettatore che guarda questi film non è la gag in sé, ma il fatto che ogni anno esse si ripetano uguali utilizzando sempre gli stessi stereotipi.Questo non è cinema, è consolazione.
Se dovessimo ripercorrere l’Italia raccontata nei vari “Natale con…”, dagli anni ottanta a oggi, sembrerebbe quasi che nulla sia cambiato. Uomini infantili e arroganti, donne stupide e procaci, soldi spesi in vacanze costose. Purtroppo sappiamo tutti che non è così, ma forse ci piace riconoscerci ancora oggi in certi modelli, forse ci rassicura… ma il paese è cambiato e sta cambiando, e anche le abitudini che ci sembravano secolari stanno cambiando e probabilmente i cinepanettoni con le loro scene sempre uguali sono un modo per farci risentire meno di questi cambiamenti repentini. La critica negativa esiste, però anche nel caso del cinema impegnato all’interno del quale esistono pellicole anch’esse vuote e prive di storia e realtà.

Sorge spontaneo chiedersi: oggi c’è davvero qualcuno che, una volta uscito da una sala cinematografica, si metterebbe a farsi domande sulla comicità di Boldi e De Sica?
Loro ci sono. E ci saranno. Sempre.
Nessuno metterà mai in dubbio il fatto che si debba andare a vederli, così come nessuno mette in dubbio la presenza del panettone a tavola, anche se magari ha lo stesso sapore di quello dell’anno scorso, e della Colomba mangiata a Pasqua.
C’è però un altro dato di fatto: i cinepanettoni vendono tantissimo, come i loro equivalenti prodotti dall’industria dolciaria. Sono basati su meccanismi di domanda e offerta eterni, capaci di auto-alimentarsi all’infinito, e che vanno oltre perfino
rispetto al confronto con le altre pellicole disponibili sul mercato. Tanto è vero che in tanti anni non c’è stata nessuna modifica della formula di base, e se i cast cambiano e i duetti comici si modificano è solo a causa di beghe contrattuali interne.
Il cartone animato dovrà confrontarsi con altre pellicole d’animazione, la commedia romantica avrà decine di rivali. Ma il cinepanettone si guarderà sempre, così come si andrà sempre alle cene natalizie. Se te ne capitano due in una settimana, vai ad entrambe, non ne scegli una sola.
Mi sfugge quindi il senso di una notizia diffusa negli ultimi tempi, secondo la quale i cinepanettoni potranno beneficiare degli stessi sgravi fiscali dei film di interesse culturale nazionale.
Sgravi nati per supportare l’esistenza di pellicole che non possono naturalmente sostenere la stessa presenza sul mercato, e che, suddivisi in modo fintamente equo con pellicole che incassano già parecchio, toglieranno denaro prezioso a chi ne ha davvero bisogno, rimpinguando ulteriormente gli stomaci di chi non ne ha. Sembra che questo problema sia soltanto un’ulteriore replica delle contrapposizioni culturali di cui parlavo all’inizio.
In un’Italia in cui il ministero dei Beni Culturali si interessasse davvero a mantenere viva la possibilità di diversificazione delle proposte culturali, lo spettatore sarebbe messo in condizione di variare i propri gusti e diventare più esigente, costringendo anche i produttori di pellicole di largo consumo a far evolvere il linguaggio comico ed i contenuti.
Invece di guardare la realtà per ciò che è, ossia un mercato in cui le pellicole d’essai vanno sostenute, per variare il mercato ed aiutare la formazione culturale, si perde tempo nel compiacere l’una o l’altra casta, imponendo criteri d’uguaglianza meramente formale.

Valentina Simonetti