“Tra i molti complessi monastici italiani, un posto eminente spetta senz’altro alla Certosa di Padula, in provincia di Salerno. Per grandiosità è di gran lunga superiore a quelle di San Marino in Napoli, di Val d’Ema presso Firenze e di Pavia. Se infatti, non può competere con quest’ultima per la meravigliosa grazia del Rinascimento fiorito ad essa contrappone la maestosità del Barocco napoletano, la vastità dello stile architettonico, la giusta opposizione di non elementi decorativi, bensì di volumi costruttivi. Però, mentre le suddette Certose sono assai conosciute, la nostra è ignorata dalla maggioranza e forse dagli stessi uomini responsabili dei tesori artistici della nazione.” Questo si legge su “La Certosa di Padula. La reggia del silenzio” di Giuseppe Alliegro. La Certosa di Padula è stata dichiarata Monumento Nazionale dall’onorevole Cesare Gaeta nel 1882 ma tutt’oggi resta sconosciuta ai più. Vuoi per motivi di scarsa pubblicizzazione o per la sua locazione non troppo intuitiva oppure ancora per il troppo esiguo valore conferitogli dagli esperti in materia, il complesso resta “nel silenzio”, appunto, non facendo giustizia alla sua grandezza e magnificenza. A parere di molti visitatoti, tanta bellezza risulta eccessivamente celata non solo dei confronti di tutte quelle opere al suo parti, ma anche nei confronti di se stessa. L’ingresso nella Certosa permette di rivivere quello che era lo stato d’animo dei suoi abitanti originari, ovvero i certosini. “Nella ridente plaga salernitana, ai piedi di Padula, che si stende su di un conico colle, giace addormentata la casa dei Certosini, eternamente sognante la potenza ed i fastigi di un tempo.” La Cerosa, infatti, venne affidata alla giurisdizione dell’ordine già nel 1309 da re Carlo II per mezzo di Tommaso Sanseverino, conte di Mersico e contestabile del Reame di Napoli. La regola dell’ordine fu diffusa, fra Italia e Francia, da San Brunone, permeandola di tutti i valori della dottrina Evangelica. L’ordine ha come sue caratteristiche principali, due tradizionali comportamenti di origine sia occidentale che orientale, ovvero i monaci sono cenobiti come i Benedettini e contemplativi e solitari come gli eremiti di un tempo. Il certosino svolge le sue attività di meditazione, contemplazione e istruzione nel silenzio della propria cella e si congiunge agli altri nella vita comunitaria quando svolge i suoi cori, anche notturni, gli uffizi religioni o le pratiche manuali, quali varie forme di artigianato. La struttura della loro dimora, infatti, si rispecchia perfettamente nel loro stile di vita. Nella Certosa di Padula ci sono ambienti di particolare rilevanza artistica, soprattutto in trasposizione a quando la stessa era gremita di religiosi. La Chiesa dedicata a San Lorenzo è uno degli ambienti più riccamente decorati, già ad iniziare dal portale d’ingresso di legno di massiccio ed intagliata con sottili bassorilievi. Le pareti che circondano l’altare sono finemente decorate con stucchi e affreschi colati. Mentre le pareti con motivi dorati. Una decorazione tanto profusa e sottile si ritrova anche nei due cori, uno dei Conversi e l’altro dei Padri, con sopra i sedili rappresentate costruzioni architettoniche, curiosi paesaggi o immagini di Santi, tutti fondatori di ordini religioni. Di particolare interesse sono anche la biblioteca, la cucina, il chiostro e lo scalone centrale. La biblioteca precede immediatamente il chiostro e sul suo portale di pietra si legge: “Da’ al sapiente l’occasione e la sapienza sarà data a lui.” Oltre al soffitto voltato e al pavimento decorato con colori acquerello, la biblioteca ha una pianta rettangolare con maestosi armadi in noce che girano lungo tutto il perimetro. La cucina non manca di decorazioni, compresi splendidi affreschi, e porta la caratteristiche di conservare ancora al suo interno una gigantesca cappa di pietra e un torchio artigianale in legno nella cantina. La parte più rappresentativa di tutta la Certosa, resta forse il grande Chiostro di accesso al complesso. Esso ha la capienza di 60mila persone, unico al mondo, finemente curato con prati e sentieri regolari di breccia che convergono al centro con una fontana. Il chiostro è abbracciato da un peristilio dorico e austero di 84 pilastri dal quale si accede alle celle dei certosini, situate lungo tutto il suo perimetro. Esse sono composte da un corridoio, due stanze e un piccolo vano che immette in una loggia coperta. Le celle sono tutte uguali, esclusa quella del Priore che possedeva ben 10 stanze e un chiostro privato. Sull’arco della porta che immette nel primo corridoio di legge: “Qui c’è sicura quiete, di qui si passa per andare al cielo. Resta qui per sempre, o pellegrino. La quiete stessa ti farà perseverare.” Trabeazione, paramenti e la facciata interna sono in pietra color avorio tipica della cave locali. L’ingresso agli ambienti interni, in asse con quello esterno, è costituito da un ambiente ottagonale, coperto con una cupola della stessa forma. All’interno di questo vano, un mastodontico scalone elicoidale. Esso congiunge il portico al pianterreno con le gallerie sopraelevate. Con questa opera i Certosini avevano la ferma determinazione di superare in grandiosità e bellezza tutte le Certose di quel tempo, e riuscirono con grande successo. La visione offerta è tipica del genere architettonico settecentesco, ovvero prospettive molto profonde e scenografiche ed evidenti chiaroscuri. L’impianto della Certosa risulta essere estremamente simmetrico e simbolico, non tralasciando mai decori senza precisi significati o ambienti senza precise funzioni. La storia dell’ordine certosine è da sempre stata avvolta da un’aura di mistero e, tra molte delle dicerie, ha sempre suscitato ammirazione specialmente per la loro ferrea dottrina dell’istruzione e della devozione religiosa. Entrando nella Certosa e visitando lentamente i vari ambienti si ha, infatti, la precisa percezione di tutta la grandezza e la stima che quegli uomini avevano verso Dio e verso la morte, grazie anche alle documentate attività quotidiane. L’attività della gloriosa Certosa si interruppe definitivamente nel 1866. Durante la Seconda Guerra Mondiale venne parzialmente ripopolata anche se con uno scopo assai diverso, essa venne ribattezzata “A Civilian Internee Camp. 371 P.O.W.”, divenne, fortunatamente per breve tempo, una prigione per migliaia di italiani. La mistica Cerosa di Padula merita, infine, molta più considerazione. Dalle parole dello stesso Alliegro: “Nell’ora del tramonto, quando il sole indora con gli ultimi raggi le guglie della facciata, è oltremodo suggestivo entrare nella Certosa. I suoi secoli di storia passano nella mente con la rapidità di un baleno. Vediamo centinaia di bianche figure di Padri, stanchi del mondo e dediti alla contemplazione. Le celle ricordano i sacrifici e le privazioni, e digiuni e le penitenze: ognuna di esse racchiude una storia, tutte racchiudono un poema. Contemplando gli archi maestosi e le colonne massicce, il cuore si è spogliato di tutte le passioni umane ed è avvinto da estasi e misticismo. L’anima qui gioisce, la mente si riposa, le membra si fortificano: tutto si concilia col divino nella sublime ascesa della spirito che vuol meditare..”
Chiarina Tagliaferri