Abbecedario per antimodaioli convinti – Terminologia in espansione di una moda che non sempre è stile – K

K – Kitten heels: tacchi “gattina”, e già il nome basta a provocare smorfie di disgusto nelle cultrici del tacco dodici. I kitten heels sono degli stiletti in miniatura, dai 3 ai 5 centimetri al massimo, tacchi finti, potrebbe dire qualcuno. Questo modello nasce intorno agli anni cinquanta, quando le adolescenti, desiderose di crescere, cominciano a voler imitare le madri, quindi vai con rossetto, borsetta e tacchi. Tuttavia era sconveniente far indossare un tacco molto alto a ragazzine tredicenni, per la difficoltà che comportano e l’inevitabile richiamo sessuale. Qundi si ovvia alla questione con questi mezzi tacchetti, che in un secondo momento, verso gli anni sessanta, diventano popolari anche fra le meno giovani.

Nelle ultime collezioni molti stilisti hanno rispolverato i kitten heels per le loro calzature, sembravano ormai dimenticati o relegati alle vetrine meno in voga, quelle per chi di stile ne capisce poco, e a gran sorpresa due icone come Carla Bruni e Michelle Obama li sfoggiano con orgoglio. Il Wall Street Journal azzarda l’ipotesi: l’altezza dei tacchi delle donne sarebbe ugualmente proporzionale al benessere economico del paese. Quindi, data la recessione economica di questi tempi, dai vertiginosi esempi che abbiamo visto nelle sfilate nel corso degli anni, e da cui qualcuna è anche atterrata in malo modo sotto gli occhi di tutti, si giunge ai tacchi gattina.

L’idea è quella di mantenere la femminilità e l’eleganza che regala un tacco senza rinunciare alla comodità, ma diciamoci la verità, quanta femminilità può donare un tacco di tre centimetri? Se non fosse ancora chiaro, nell’universo moda, il più delle volte bellezza equivale a scomodità. L’eleganza arriva dopo gli otto centimetri, prima sembra solo un pallido tentativo, e a questo punto è meglio osare la versione opposta: le flat shoes, di cui abbiamo già parlato. Le scarpe completamente piatte -più che altro sasndali aperti- sanno essere molto più femminili di un timido tacchetto.

Anche se la la direttrice di Vogue Uk, Alexandra Schulman, ha la sua opinione a riguardo:  «Se Dio avesse voluto farci camminare su scarpe basse, non avrebbe creato Manolo Blahnik».

Silvia Tagliaferri