H – Headpieces: Di questa modaiola categoria di accessori ne abbiamo avuto eccellenti esempi durante il real matrimonio di William e Kate, dove presentarsi senza cappellino sarebbe equivalso a vestirsi di bianco e intonare una marcia funebre nel momento più solenne del rito. L’accessorio per la testa in effetti è già da tempo irrinunciabile nei piani alti della gerarchia inglese, ora, anche noi comuni mortali sembriamo aver ceduto al fascino della decorazione tricologica. Se ne vedono di varissimi tipi e colori: le forcine o i fermagli senza alcuna utilità ma con discretissime piume di pavone che troneggiano al lato della testa, i cerchietti all’insegna della praticità con velette, fiori giganti, bottoni staccati dal maglione di polifemo, perle, perline e pietruzze da far invidia a una corona, fascette giro testa con frange di ogni lunghezza e dimesione, ma questo è solo un misero elenco, consiglio la visione completa della fauna su Google.
La mia crtiticità recidiva, nonché avversione alla spettacolarità, li trova brutti, ridicoli.
Perché chiamiamo coraggio la scelta di mettere qualcosa che verrà palesemente canzonato da amici, conoscenti e sconosciuti? Quand’è che siamo diventati così incapaci di colpire con la personalità da doverci schiaffare in testa una stella marina di pailletes? L’essere l’abbiamo ucciso in nome dell’apparire, già da molto tempo, ma il rischio, in questa incessante ricerca di luccicante protagonismo, è quello di far fuori anche la bellezza, che comunque di quell’apparire costituisce la parte sana. L’ovvia tendenza umana di mostrare si trasforma sempre più nell’ostentare, sbandierare e brandire gli orpelli di cui con orgoglio ci ricopriamo, per difendere l’integrità della nostra piccola persona.
Triste scelta quella di scadere nel buffo pur di non passare inosservati.
Silvia Tagliaferri