C – Prima parte
Cache – coeur: Ben poco da dire, il banale scaldacuore. Mi sembra inutile spiegarne la funzione e la forma vista l’esistenza datata del capo, lo conosciamo tutti. Del resto, scopo della rubrica è non solo spiegare le ultime tendenze ma anche smascherare le vecchie nonostante le ore di trucco.
Charms: Eccone un’altra. Sono così detti, in epoca recente, i pendagli. Quelli classici di braccialetti e collane e anche quelli meno consueti che appaiono come accessorio decorativo su borse, portafogli e abiti. Si, anche quelle orrende appen- dici che ogni cellulare del mondo sembra avere. Insomma sei uno charm se dondoli e, se proprio non sbrilluccichi, sei almeno carino e colorato. Tra i più desiderati, sognati, bramati, ci sono i Tiffany. Insomma, se a Audrey Hepburn per ritrovare il sorriso bastava sbafarsi un cornetto rimirando i gioielli dalla celebre vetrina di New York (Colazione da tiffany, film del 1961, diretto da Blake Edwards) figurarsi possederne uno quante gioie può procurare. Sarà. A me, quella catenella con medaglietta tonda non sembra poi così geniale, ne particolarmente elegante. Viene prontamente lapida-
to, il mio scetticismo, dal popolo della moda, su yahoo answer un indeciso Giuseppe chiede consiglio agli utenti per acquistarne uno su internet, non l’ha mai visto dal vivo, non ha presente come è fatto, ma dev’essere Tiffany! Entusiastici cori di consigli seguono la richiesta, tutti accompagnati da “sono bellissimi”. Arcano sortilegio. Comprensibile lo shock di chi visita il negozio, l’esterno deve sembrare una caverna buia all’uscita, dopo tanto luccicare, intuibile l’affetto che lega i possesso- ri del cuoricino-lucchetto con su scritto “please return to Tiffany & Co. New York 925” alla casa gioiel- liera, ma tanta devozione a un nome, prima che a un prodotto, è un mistero che solo la nostra moda può comprendere.
Chic: Il significato letterario del termine è quasi universalmente noto, si usa per definire una persona, un oggetto o un luogo elegante, raffina- to. Man mano che entra nel linguag- gio comune e senza dare troppo nell’occhio ottiene anche la cittadi- nanza italiana, un po’ come bar e computer, lo si vede in giro accom- pagnato da diversi aggettivi.
Così nasce il minimal chic, che denota un look basico, fatto di pezzi essenziali, monocromatici, dalle
forme semplici ma garbate, lo sporty chic (o fitness chic), dove i classici capi dedicati alle attività sportive sono reinventati per essere portati anche in occasioni più formali, magari mantenendo le caratteristiche di comodità, o sono accostati a accessori, appunto, chic: tacchi alti, gioielli, borse importanti. Lo shabby chic nell’arredamento indica quella tendenza ad arredare un po’ campa- gnola, romantica, bomboniera antica, con colori tenui e pastellosi e nell’ abbigliamento, come descrive l’esperta di moda Carla Gozzi nel suo blog: “per shabby chic, intendia- mo quel genere high fashion..ma che non mostra! tipo…Kate Moss.. molto street wear e fashion .. ma ai non curanti non colpisce! invece a noi del fashion world..eccome!! solo se cambia una t-shirt sotto al blazer maschile conta.. o se al posto della Birkin indossa una Messanger…”, capito no? C’è poi il boho chic, tendenza a adottare elementi bohemìen (zingaro, in francese), hippy, gitani, etnici e finto trasandati nel proprio abbigliamento, ovvia- mente in modo da rendere la mistura gredevole e apprezzata. Simili, per certi versi, ai radical chic, ma questa è un’altra storia.
Declinato insomma, il povero chic, ogniqualvolta serva una goccia di eleganza per rendere l’idea, che detto così sembra facile.
Silvia Tagliaferri