40 anni fa moriva un grande della musica: Rino Gaetano

Il Verano è un cimitero immenso. In questo pomeriggio primaverile l’aria profuma dei fiori freschi che adornano le tombe. Le indicazioni sono state accurate e precise, ma cercare la Tomba , in un cimitero monumentale per architettura e dimensioni, non è semplice.  Oculo 13 cappella 4. Se prendi il cimitero dall’entrata di San Lorenzo, ti aspetta una gradevole passeggiata. Una signora dal viso dolce dice : “Chiamalo. Il tuo cuore te lo indicherà”. Pensandolo forte , piano piano percorrendo un lungo viale, e quasi perdendomi tra tante cappelle, dove a mancare sembrava proprio la numero 19, disposte come sono un po’ da un lato e un po’ da un altro, finalmente mi trovo lì. C’è un tavolo davanti il loculo. C’è un vaso di fiori, una birra mezza aperta, tante sigarette e un quaderno pieno di firme e dediche. Anche la tomba è ricca di graffiti. Mi commuovo un po’. Un’ espressione emblematica lo ritrae nella foto. E’ triste ma sorride. O forse è felice ma ha una vena di malinconia. L’aria diventa strana, quasi magica. Le frasi lasciate dai suoi ammiratori sono così tante  da raggiungere le tombe vicine. Qualcuno passa e dice “ Io mi sentirei onorato se sulla mia tomba ci fosse una scritta riferita ad un grande come Rino” . Lo penso, e immagino tutta la sua vita semplice e umile, ma allo stesso tempo così ricca da lasciare il segno. Fin da bambino la sua vita era stata caratterizzata da viaggi o piccoli spostamenti. Salvatore Antonio Gaetano, dalla città calabrese di Crotone dove era nato, il 29 ottobre 1951, a dieci anni si trasferì a Roma con la famiglia. Le medie però le svolse nella scuola apostolica di Narni, in provincia di Terni, perché il padre soffriva di cuore. A Roma però c’è tutta la sua vita. Piazza Sempione è sua. Ha vissuto fino alla morte a Roma prima  in via Monte Cimone, Monte Sacro e poi in via Nomentana Nuova. Anche sulla via Nomentana ci sono foto di lui e fiori, attaccate sui pali… Lì nei pressi di Piazza Sempione, si esibiva con la sua piccola band, i Krunx, per la quale aveva composto la sigla “up up the Krunx”. In un inglese molto italianizzato riproducevano con passione le canzoni dei Beatles e degli Stones. Un’amicizia importante lo introdusse al celebre cabaret Puff, dove tra gli altri si esibivano anche Francesco De Gregori e Antonello Venditti. I tempi erano quelli che erano tra contestazioni giovanili, terrorismo nero e rosso. L’originalità non sempre veniva accettata. A volte veniva considerata come un’ etichetta politica, e additata. Altre volte risultava incomprensibile. Non è stato facile per i giovani cantautori venir fuori. Le case discografiche come la RCA, che producevano Ennio Morricone, Gianni Morandi e tanti altri, sembravano ancora inaccessibili. Rino decide di partire, fare un viaggio a Milano. Lì incontra Fabrizio De Andrè che, prima di farlo esibire per una nuova casa discografica, Blue Bell con tanta semplicità, accorda la chitarra del giovane calabrese. Sarebbe stato bello assistere all‘ incontro fra due giganti della musica italiana. Su un giornale lessi che tornando da Milano, insieme ad un amico composero una canzone su dei frati di Cassino che avevano fatto scalpore per il contrabbando di sigarette. I due ironizzarono la situazione, sostenendo con un sorriso che in fondo  le preghiere sono come le sigarette, entrambe volano in cielo. La canzone fu proposta anche in un pub vicino al Vaticano. Nel ’73, col soprannome di Kammamuri è prodotto dalla It un 45 giri che contiene I Love you Marianna e Jacqueline . I love you Marianna non è l’inno dei favorevoli alla legalizzazione. In realtà, per buon augurio alla sua carriera, Rino dedica questa canzone alla nonna Marianna, con la quale era cresciuto. In questo periodo conobbe anche Lucio Dalla, all’epoca quasi del tutto sconosciuto. “Ingresso Libero” fu pubblicato nel 1974 e conteneva  Ad esempio a  me Piace il Sud e I tuoi occhi sono pieni di sale. E l’anno successivo che però fece la differenza: Ma il cielo è sempre più blu rimbombava in tutte le radio, e fu subito un successone. Nel ’78 Rino partecipò a Sanremo, inizialmente voleva presentare Nun te reggae più. E’ ovvio che, di spirito provocatore , fu attratto dalla risonanza che il festival poteva avere e la sua canzone provocatoria per eccellenza avrebbe riscosso un’eco pazzesco. Decise quasi all’ultimo momento poi, di gareggiare con Gianna. Nonostante fosse arrivato terzo dietro Anna Oxa e i Mattia Bazar, Gianna, che pubblicò in un 45 giri il cui lato B era occupato da Visto che mi vuoi lasciare, contribuì alla notorietà di Rino Gaetano. Gianna altro non era che una escort dei nostri giorni. Rino dice chi vivrà vedrà, perché molto spesso, il cantautore parlava di quanto i mezzi di comunicazione sarebbero diventati importanti, e sapeva già, aveva previsto che tanti scandali sarebbero saltati fuori. Il caso Noemi, il caso Ruby , il caso D’Addario, hanno confermato la tesi di Gianna. Conduttore radiofonico e a teatro per Carmelo Bene, anche interprete della Volpe  nella commedia di Pinocchio, Rino non si stancava mai, e usava tutti i modi possibili per esprimere sé stesso. Dal 79 incide per la casa discografica RCA, con la quale uscirono Resta vile maschio dove vai? e  Metà Africa Metà Europa. Nel 1981, esce Scusa Mary. Scusa Mary è la dolce, indimenticabile e ultima canzone che Rino ci ha lasciato. Una settimana prima di sposarsi, purtroppo, un grave incidente d’auto lo portò alla morte, il 2 Giugno ’81, sulla Nomentana. Lo scorso 2 Giugno a Piazza Sempione,  una delle sue Cover Band più famose ha suonato per lui. Le cause dell’incidente sono poche chiare, e la morte di Rino Gaetano per certi aspetti è avvolta dal mistero. Pochi giorni prima assieme ad un amico era stato vittima di un altro incidente dal quale uscì illeso, nonostante l’auto fosse diventata inutilizzabile. Dopo pochi giorni Rino acquistò un auto uguale a quella appena distrutta, come a sfidare la sorte. E la sorte lo vinse. La sua vita così bella e così tragica mi fa riflettere. Anche la sua morte sembra artistica, irrazionale, provocatoria. Rino compose e musicò una canzone, La ballata di Renzo. In essa Rino racconta la mala sanità italiana, dicendo che un povero ragazzo di nome Renzo era stato investito e che una volta soccorso, in qualunque ospedale andasse, ( e Rino menzionava tutti gli ospedali di Roma: Policlinico San Camillo, Gemelli ecc…) non c’era posto per lui, oppure mancava un medico oppure mancava l’attrezzatura, insomma, nessuno volle o poté soccorrere Renzo. Nella  stessa canzone Rino narra che una volta morto, Renzo non riesce ad essere accolto nemmeno nei cimiteri. Quando Rino Gaetano fece l’incidente, tutti gli ospedali che nomina non lo accolsero, e nemmeno al Verano, dove riposa ora, entrò subito. E’ naturale che un uomo che riuscì in qualche modo a cantare della sua stessa morte, riesca, nonostante la fine della sua vita terrena, a incantare le menti dei più giovani, generazione dopo generazione. Come egli stesso disse in un interessante discorso: “Sento che, in futuro, le mie canzoni saranno cantate dalle prossime generazioni! Che, grazie alla comunicazione di massa, capiranno cosa voglio dire questa sera! Capiranno e apriranno gli occhi, anziché averli pieni di sale!”. E anche io davanti la sua tomba, sentendo dentro di me l’emozione davanti al giaciglio eterno di Rino, mi commuovo pensando a come un uomo qualunque sia stato così grande. Rifletto sul fatto che la sua vita è quella di un eroe, di un uomo come tanti che cantava della vita,  denunciandone gli aspetti più brutti senza tralasciare le fattezze più pure e belle della quotidianità. E’ normale che abbia ispirato film, canzoni, libri e tanto altro.  E’ giusto che c’è una sua statua a Crotone e una via a lui intitolata a Vigne Nuove. Guardando la sua foto, qui, nel religioso silenzio di un cimitero nel cuore di Roma, tra le firme, le lacrime, la birra e le sigarette lasciate sul banchetto, credo di non avere più gli occhi pieni di sale.

Veronica Di Norcia