
10 anni fa moriva all’età di 75 anni Vaclav Havel, l’ultimo presidente cecoslovacco ed il primo presidente ceco dopo la caduta dell’ex regime comunista nel 1989. Politico,drammaturgo e attivista dei diritti umani se ne era andato dopo l’ultimo ricovero in ospedale. La sua morte è stata una perdita non solo per la Repubblica Ceca ma per l’Europa intera che in lui riconosceva un’autorità morale di grande levatura.
Havel, proveniente da una famiglia benestante di Praga accusata di simpatie filo-tedesche, iniziò un’intensa attività politica, a partire dal 1968 quando fu bandito da teatro sull’onda della repressione seguita alla fine della Primavera di Praga nel 1968, culminata con la pubblicazione del manifesto Charta 77, la cui scrittura prese spunto dall’imprigionamento dei componenti la formazione musicale ceca di musica psichedelica dei Plastic People of the Universe. Il suo attivismo politico da dissidente gli costò cinque anni di prigione. In una delle opere che lo hanno reso celebre, Il potere dei senza potere, Havel ha teorizzato il cosiddetto Post-totalitarismo, termine usato per descrivere il moderno ordine socio-politico che ha fatto sì che la gente potesse, per usare le sue parole, “vivere all’interno di una menzogna”.Sostenitore appassionato della non-violenza, è stato uno protagonista incontrastato del dissenso nella Cecoslovacchia, Havel, dopo la “Rivoluzione di velluto” e la svolta democratica nel 1989 in cui ebbe un ruolo centrale, in veste di leader del Forum Civico divenne il primo presidente della Cecoslovacchia post-comunista e poi, con la separazione consensuale dalla Slovacchia nel 1993, della Repubblica ceca. Nonostante la precaria salute e numerosi interventi chirurgici, nel 1998 fu rieletto per un secondo mandato. Filoamericano, Havel fu il principale fautore dell’entrata della Repubblica ceca nella Nato (12 marzo 1999). Nel 2003 gli successe Vaclav Klaus, suo acceso avversario, e Havel annunciò di lasciare la politica per dedicarsi alla sua professione di drammaturgo.
Per i cechi e ben oltre i confini nazionali, è stato il simbolo del dissenso e della lotta contro l’oppressione del regime comunista nel suo Paese e delle dittature in tutto il mondo.
Ma ciò che mostra come Havel fosse una figura chiave, un simbolo della Repubblica Ceca fu la folla di migliaia di persone adunatasi spontaneamente a Praga durante il trasporto della bara. Familiari, amici e sostenitori dell’eroe della rivoluzione di velluto accompagnarono la salma dall’ex chiesa di Sant’Anna di Praga, trasformata dallo stesso Havel in un centro culturale, al castello della capitale, dove rimase fino al funerale di Stato al quale presero parte molti capi di stato e di governo dell’epoca.
Francesca D’Agrosa